Descrizione
Una teoria compiuta della fine del capitalismo non può essere che una teoria dinamica del suo sviluppo, la quale individui i processi di costruzione di una realtà diversa all’interno stesso, e grazie allo sviluppo capitalistico.
L’elemento antagonistico, finchè non raggiunge l’egemonia completa (“rivoluzione”), rimane elemento – progressivo
– del capitale. La sua crescita dunque si presenta sia come generale progresso civile in forme capitalistiche sia come accentuarsi della crisi del capitalismo. Da qui l’ambiguità della proletarizzazione contemporanea; che si manifesta sia come progressiva intellettualizzazione del lavoro sia come crescente sottomissione del lavoro intellettuale alle forme “manualizzate” del lavoro capitalisticamente sfruttato.
Ma il proletariato cresce solo attraverso il tecnico dell’industria, escludendo le crescenti schiere del terziario come lo stesso Marx suggerisce di scretamente a Sylos Labini -, oppure anche la categoria di lavoro produttivo è soggetta alla doppia torsione capitalistica di forma bloccata nei termini del rapporto di produzione e di contenuto che si evolve secondo la crescita delle forze produttive? C’è una dinamica positiva e convergente tra base storico-naturale della produzione (lavoro socialmente utile) e architettura storico-sociale di essa (lavoro capitalisticamente produttivo)?
Non solo il tecnico ha un cervello socialista che conquisterà il suo cuore, ma anche il professionista assorbito in strutture complesse, il salariato dei grandi complessi commerciali e dei servizi; e infine anche quei lavoratori irriducibilmente improduttivi per il capitale e perciò, paradossalmente, suoi irriducibili antagonisti, come l’insegnante e la casalinga.
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